WASHINGTON (USA) – Sono alcuni degli slogan che si possono leggere sui cartelli di manifestanti che, già nelle scorse settimane, hanno espresso il loro fermo dissenso a seguito della caccia ai migranti, avvenuta anche in scuole e chiese, per l’ordine di espulsione dagli Stati Uniti voluto dal presidente Donald Trump: “i presidenti non sono re”, “no ai dittatori”.
Desta molta preoccupazione lo stato della democrazia statunitense dopo le ultime mosse di Trump. A Los Angeles il presidente ha dispiegato 4000 soldati della Guardia Nazionale e 700 marines nella città senza consultare né il governatore della California, Gavin Newsom, né la sindaca Karen Bass, in violazione del principio costituzionale dei diritti degli Stati. Principio che i repubblicani hanno sempre affermato di difendere, ma in questo caso ignorato. Nel 1957 il presidente Eisenhower inviò truppe in Arkansas per garantire la desegregazione scolastica. Altri interventi della Guardia Nazionale in California vi furono all’epoca del movimento di protesta studentesco Free Speech, negli anni ’60, e durante le rivolte del 1992, a seguito dell’assoluzione di 4 poliziotti che avevano picchiato e ucciso l’automobilista afroamericano Rodney King scatenando la rabbia della comunità nera della città e nelle quali morirono 53 persone.
In quelle occasioni, tuttavia, l’intervento era stato richiesto dalle autorità statali, a differenza dell’attuale dispiegamento, rifiutato apertamente dal governatore. Newsom ha detto: «La democrazia è sotto attacco». La presenza militare ha inevitabilmente aumentato le tensioni, portando a disordini e arresti che forse, lasciando operare la polizia locale, si sarebbero potuti evitare.
Nel frattempo, lo scorso maggio, Trump ha accolto 49 sudafricani bianchi (afrikaner) come rifugiati, nonostante non avessero chiesto asilo. Si pianifica di accoglierne altri, garantendo loro un rapido accesso alla cittadinanza. Questo doppio standard — deportazione di immigrati latinoamericani e accoglienza privilegiata per bianchi sudafricani — rafforza l’impressione che l’agenda politica repubblicana sia guidata da logiche di potere, denaro e supremazia bianca.
Mentre i Repubblicani temono una “invasione” da parte delle minoranze, i Democratici temono una deriva autoritaria e la perdita di libertà fondamentali, come la libertà di parola, di espressione e giusti processi. L’uso della polizia e della magistratura con l’obbiettivo di minacciare l’opposizione politica si è rivelato nell’arresto di Brad Lander, 56 anni, controllore dei conti della città di New York e candidato sindaco per i democratici alle primarie in programma la prossima settimana, è stato arrestato dagli agenti federali al decimo piano del palazzo che ospita il tribunale di Lower Manhattan. Poi è stato rilasciato senza incriminazioni, ma il fine intimidatorio è stato palese fin da subito.