ROMA – Il 10 giugno del 1940 Mussolini, dal balcone di Palazzo Venezia a Roma, annunciava agli italiani e al mondo che aveva dichiarato guerra all’Inghilterra e alla Francia, scendendo in campo a fianco dell’alleato germanico che aveva scatenato la guerra e che sembrava, ormai, in procinto di vincere. Nelle prime ore del 27 giugno molti camion si fermarono nei pressi dell’Albergo del Popolo, ostello di proprietà dell’Esercito della Salvezza, in via degli Apuli nel quartiere San Lorenzo della capitale: da questi ultimi scesero poliziotti che bloccarono le uscite e fecero irruzione all’interno. Gli agenti procedettero al fermo dei presenti: quattro ufficiali salutisti, due addetti e 205 ospiti, che furono tutti portati in Questura. Poco dopo, un’altra squadra irrompeva nel Quartier Generale (la sede italiana dell’Esercito della Salvezza), arrestando il responsabile per l’Italia, brigadiere Carmelo Lombardo, e sequestrando archivi e carte.
Il successivo 16 agosto il ministero dell’Interno sciolse l’Esercito della Salvezza: tutti gli ufficiali dovevano lasciare le loro sedi e tornare nei luoghi di nascita mentre i locali di culto e gli immobili delle attività sociali venivano sequestrati. Il movimento di origine anglosassone subiva da anni controlli e pressioni da parte del regime: con la guerra dichiarata l’influenza britannica non riuscì più a contrastare queste spinte nazionaliste e cristianofobe, e in questo modo anche una circolare del capo mondiale dell’Esercito della Salvezza, generale Carpenter, che esortava a pregare per la pace, fu interpretata dal questore di Roma in termini di propaganda disfattista organizzata deliberatamente in favore del nemico.
Per approfondire consigliamo il volume di G. Rochat “Regime fascista e chiese evangeliche. Direttive e articolazioni del controllo e della repressione“, Torino, Claudiana, 1990.