C’è un bel motto, specialmente in psicologia, che afferma: “Dobbiamo smetterla di imparare a imparare. Dobbiamo imparare a disimparare”. Ecco, io penso che debba essere così anche quando parliamo di ecumenismo e di dialogo tra le varie confessioni religiose cristiane. Siamo sempre alla ricerca di saperne di più, di capire meglio, di conoscere meglio, e dimentichiamo l’essenziale. Ad esempio dimentichiamo che le divisioni nella Chiesa ci sono state fin da quando la Chiesa è stata fondata. A chi dobbiamo pregare? Ai nostri, o “ad gentes”, ai gentili, a tutti? Domandina non da poco. Insomma, dobbiamo renderci conto che il cristianesimo non è mai stato unitario e soprattutto dobbiamo smetterla di fare confusione su confusione.

Nel Medioevo, per esempio, era facilissimo e a volta basta veramente un niente, perché un carisma, una inclinazione, una veduta, una versione potesse far diventare il fondatore un santo oppure uno scomunicato. San Francesco possiamo ire ci è andato vicino. Quello che ora è celebrato dalla Chiesa come uno tra i principali santi (basti vedere il prestigio dei francescani nei vari loro rami) si può dire che, anche solo con un altro papa regnante, avrebbe potuto incorrere in una scomunica per idee troppo ardite. È andata bene a lui. E è andata bene anche a noi, possiamo dire. La vera questione è che anche oggi, prendiamo la Chiesa Cattolica, ci sono movimenti interni, dai Focolarini a Comunione e Liberazione, dall’Opus Dei ai Legionari di Cristo fino all’Azione Cattolica e via continuando che portano avanti idee intrinsecamente differenti le une dalle altre. Verrebbe da scrivere che è più facile che un protestante vada d’accordo con un certo tipo di cattolici, che certi tipi di cattolici vadano d’accordo con altri tipi di cattolici. Questo non significa giudicare né gli uni né gli altri, semplicemente rendersi conto di quanto sia importante concentrarsi sulle questioni che riteniamo essenziali, cruciali, fondamentali e non solo e non tanto su ogni singola differenza che farebbe naufragare ogni matrimonio.

Quanti convegni, quanti congressi erano lettera morta, e non percepivano che una volta risolte questioni importanti tutte le altre, sarebbero scomparse istantaneamente. E quante volte abbiamo ritenuto che il nostro buon senso, le nostre teorie, la maggioranza, potessero giungere alla verità? Troppo spesso non si sono individuate le priorità. Non dimentichiamo che troppo spesso abbiamo vissuto in un perenne stato di allerta, in quella che, sempre per tirare in ballo la psicologia, si chiamerebbe: “ipervigilanza”, che è proprio il contrario dell’amore, perché l’ipervigilanza è figlia del timore, della paura, e queste sono a loro volta figlie della non conoscenza. Dunque capiamo che sono proprio questi presupposti basici a non poter essere basi su cui progredire in un dialogo franco e produttivo. L’aspetto positivo è che possiamo sempre ricominciare, perché il Signore ha la qualità di saper attendere e di continuare a dare fiducia. A tutti. A noi. Agli altri. A tutti.

Matteo Salvatti

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